Pagina:Alberti - Della architettura della pittura e della statua, 1782.djvu/217

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libro ottavo. 195

del gratioso, et de lo stabile. Se egli è ben murare questi sepolchri che noi desideriamo che sieno eterni, di materia nobile o vile, non è ancor ben risoluto, mediante le ingiurie che son fatte loro da chi traporta via le cose; ma gli addornamenti certo dilettano grandissimamente, de quali, si come altrove dicemmo, non è cosa alcuna più commoda, per mantenere le memorie de le cose ne posteri. De sepolchri che certamente furono eccellentissimi di C. Cesare, et di Claudio che furono si grandi Imperadori, ancor che vi fussino molte cose eccellenti, non veggiamo rimastone in questi Tempii altro che certe piccole Pietre quadrate di duoi cubiti, nelle quali si trovavano scritti i nomi loro, et se quelli Epitaffi, s’io non m’inganno, fussino stati scritti in Pietre maggiori, sarebbono un pezzo fa mancati; perche sarebbono stati levati via, et disfatti insieme con gli altri addornamenti. In altri luoghi si veggono sepolchri antichissimi, non guasti da persona, per esser fatti di lavoro ammandorlato, o di Pietre da non se ne potere cosi servire ad altri bisogni, che facilmente si difendono da le mani de vogliolosi; onde ne nasce questo, che io giudico che sia bene di avertire coloro che voglino che i lor sepolchri sieno perpetui, che egli murino, non di cattive Pietre, ma non anco di tanta eccellenza, che ogni homo cosi facilmente le habbia anco a desiderare o a levarnele via con poca fatica. Oltra di questo penso che sia bene usare in tutti questi una certa modestia secondo i gradi, et le qualità di chi e’ sono, di maniera che io biasimerei ancora una strabocchevole spesa fatta ne sepolchri de Re, et senza dubbio io biasimo quelle monstruose opere che feciono per loro stessi gli Egittii, le quali a essi Dii ancora non credo io che piacessino, conciosia che nessun di loro sia sotterrato in sepolchri di tanta strasordinaria pompa. Loderanno forse alcuni i nostri Toscani che non cedessino di troppo, in quanto alla magnificestia de sepolchri, a gli Egittii, et infra gli altri Porsenna, il quale si fabbricò un sepolchro sotto la Città di Chiusi di Pietre riquadrate, dentro a la baia del quale, alta cinquanta piedi, era un Laberinto che in modo alcuno non se ne poteva uscire, et sopra essa basa cinque piramidi una nel mezzo, et una per una su per i cantoni, la larghezza da pie de le quali era settantacinque piedi, et in cima di ciascuna di esse era una palla di rame; da le quali pendevano legate a certe catene, alcune campanelle, che commosse dal vento, rendevano il suono molto da lontano; et sopra cosi fatto lavoro vi erano altre quattro piramidi, alte cento piedi, et sopra queste conseguentemente de le altre incredibili non pure di grandezza, ma di disegno ancora. Io certo non lodo queste cose tanto prodigiose, nè accomodate a nessuna buona usanza. Fù lodato quel che fece Ciro, Re de Perai, et giudicato che la sua modestia fusse da esser anteposta a tutte le vanaglorie di si fatte e grandi opere. Percioche appresso a Pasargadi in un Tempietto in volta piccoletto fatto di Pietre quadrate con una porticella appena di duoi piedi era rinchiuso il corpo di Ciro, in un urna d’oro, secondo che si richiedeva alla dignità Regale; allo intorno per tutto di quello Tempietto era un boschetto di tutte le sorte di frutti, et oltra questo un largo prato verde, pieno di fiori, et di rose per tutto: cio che vi era, pareva che rendesse odore, letitia, et piacevolezza, et confacevasi a queste cose lo Epitaffio che vi era scritto, il qual diceva:

Qual tu ti sia lettor, o di qual parte,

Ben sapeva io che qui venir dovevi,
Io son quel Ciro che gia l’alto imperio
Fondai de Persi: deh non aggia invidia

Ch’hor si poco terren qui mi ricuopra.
Ma torniamo horamai alle piramidi: sono alcuni, che forse hanno usato di fare le piramidi di tre faccie, et gli altri tutti di quattro, et parve loro di fare tanto alte quanto erano larghe: è stato lodato colui che nel fare la piramide ha saputo congiugnere le Pietre insieme di maniera che le linee, o commet-

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