Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/137

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108 della statua

mente. Adunque per quanto la stessa cosa gli avvertiva, emendando in simili apparenze ora le linee, ed ora le superficie, e nettandole, e ripulendole, ottennero il desiderio loro, e questo veramente non senza loro diletto. Nè è maraviglia, che in fare queste sì fatte cose sieno cresciuti l’un dì più che l’altro gli studj degli uomini fino a tanto, che senza veder più nelle primiere materie alcuni ajuti d’incomiuciate similitudini, esprimino in esse qualsivoglia effigie, ma altri in un modo, ed altri in un altro: conciossiachè non impararono tutti a far questo per una medesima via o regola. Imperocchè alcuni incominciarono a dar perfezione a’ loro principiati lavori, e con il porre, e con il levare, come fanno coloro che lavorando di cera, stucco, o terra, sono da’ nostri chiamati mastri di stucco. Alcuni altri incominciarono a far questo solo con il levar via, come che togliendo via quel che in detta materia è di superfluo, scolpiscono, e fanno apparir nel marmo una forma, o figura d’uomo, la quale vi era prima nascosa, ed in potenza. Questi chiamiamo noi Scultori; fratelli de’ quali sono forse coloro, che vanno scolpendo ne’ sigilli i lineamenti de’ volti che vi erano ascosi. La terza specie è quella di coloro che fanno alcuni lavori solo con lo aggiugnervi, come sono gli argentieri, i quali battendo con i martelli l’argento, e distendendolo o allargandolo a quella