Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/47

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18 della pittura

il bianco; mediante il quale egli possa esprimere quell’ultimo candore del lume, nè cosa alcuna con la quale ei possa rappresentare l’oscurità delle tenebre più che con il nero. Aggiugni a queste cose, che tu non troverai mai in alcun luogo il bianco o il nero, che egli stesso non caschi sotto alcuno genere de’ colori. Trattiamo ora della forza de’ lumi. I lumi sono o di constellazioni, cioè o del Sole, o della Luna, e della Stella di Venere, ovvero di lumi materiali e di fuoco: ed infra questi è una gran differenza. Imperocchè i lumi del Cielo rendono le ombre quasi che uguali a’ corpi; ma il fuoco le rende maggiori che non sono i corpi, e l’ombra si causa dallo esser intercetti i raggi de’ lumi. I raggi intercetti, o ei sono piegati in altra parte, o ei si raddoppiano in loro stessi. Piegansi, come quando i raggi del Sole percuotono nella superficie dell’acqua, e quindi poi salgono ne’ palchi, ed ogni piegamento de’ raggi si fa, come dicono i Matematici, con angoli fra loro uguali. Ma queste cose si appartengono ad un’altra parte di Pittura. I raggi che si piegano, si inzuppano in qualche parte di quel colore, che ei trovano in quella superficie dalla quale ei sono piegati o riverberati. E questo veggiamo noi che avviene, quando le faccie di coloro che camminano per i prati, ci si appresentano verdi. Io ho trattato adunque delle superficie: ho trattato