Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/71

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42 della pittura

tue, parte sopra i lor cavalli, parte sopra i carri, e parte sopra i cocchi. E se in quella Città fu tanto il gran numero degli Scultori, staremo noi in dubbio che non vi fossero Pittori infiniti? Sono veramente la Pittura e la Scoltura arti congiunte insieme di parentado, e nudrite da un medesimo ingegno. Ma io anteporrò sempre l’ingegno del Pittore, come quello che si affatica in cosa molto più difficile. Ma torniamo a proposito. Infinita fu la moltitudine de’ Pittori, e degli Scultori in quei tempi, conciossiachè i Principi, ed i plebei, i dotti, e gli ignoranti si dilettavano della Pittura. E costumandosi infra le prime prede che essi conducevano delle Provincie, a metter in pubblico nel Teatro le tavole, e le statue, la cosa andò tanto innanzi, che Paulo Emilio, ed alcuni altri non pochi Cittadini Romani, fecero insegnare ai figliuoli per bene, e beatamente vivere insieme con le buone arti, la Pittura. Il quale ottimo costume appresso de’ Greci si osservava grandissimamente, che i giovanetti nobili e liberi bene allevati, imparavano insieme con le lettere la geometria, e la musica, e l’arte ancora del dipignere. Anzi la facoltà del dipignere fu ancora cosa onorata alle donne. È celebrata dagli Scrittori Marzia figliuola di Varrone, perchè ella seppe dipignere. E fu certamente in tanto pregio, e degna di tanta lode la Pittura appresso de’ Greci, che ei vietarono