Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/132

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a un tratto calma: «E dici proprio che diventerò allegra?»

«Sì, ma devi far qualche cosa, non star lì tutto il giorno a mettere in fila i tuoi santini. L’acqua ferma marcisce. Addio, non ho tempo di fermarmi: dobbiamo mettere a posto il fieno.»

«Quanto fieno avete fatto quest’anno!» disse Dorina per trattenerlo.

«Oh non è tutto nostro! abbiamo portato giù anche quello dei Caprezzi perchè Savina è malata e Marianna, povera donna, non par più lei dopo ch’è morto suo marito.»

«Oh, ma con tutti quei figlioli!»

«Che! non ha più che le ragazze e quel bel mobile di Nocente: i due primi, quel che ha moglie e l’altro, sono in Francia sui lavori, il terzo è in Africa. Ci fosse almeno ancora al mondo il povero Peppino! tu non l’hai conosciuto.... quel delle capre; viveva tutto il giorno sulla montagna: e anche quando era giù, non parlava mai; zufolava sempre. Ma io devo andare: addio Dorina: fatti portar giù, domani!»

Di nuovo la stanza parve a Dorina diventata buia quando scomparve la faccia luminosa di Natale; come allora che aveva guardato lungamente la piazza soleggiata.

L’ultima parola di lui le risonava nell’anima:

— Domani!

— Domani devo scendere incontro ai forestieri.... Oh è troppo presto! non ho avuto il tempo di prepararmi — e tentava lottare dentro di sè, ma sentiva una volontà più forte della sua che le imponeva di farlo. Non pensava neppure che si potesse disubbidire a Natale. Perchè? Disubbidiva pure alla mamma,