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Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/146

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Allora Dorina si fece raccontare della sua amicizia infantile con la piccola bruna dagli occhi lucenti, e come le si gonfiò il cuore d’amarezza pensando a quanto avevano goduto quei due — di sole, di libertà, di verde e d’allegria, mentre ella era rimasta in una camera, senza amici, e tanto sofferente.

Oh se fosse stato possibile tornare indietro tutti quegli anni! — Perchè non ho conosciuto prima Natale? — si diceva. — Ma ora mi voglio ripagare. Raffaella l’ha avuto abbastanza: ora tocca a me. —

Quell’inverno infatti si videro spesso: l’albergatrice s era legata d’amicizia con la buona Grazia, e serbava gratitudine a Natale per aver deciso Dorina a lasciarsi vedere dai forestieri.

Dorina però non ne parlò più, e si sarebbe detto che l’avesse dimenticato, se la sua affezione per Natale non si fosse palesata nel desiderio di fargli parte di tutto ciò che procurava piacere a lei. Se la mamma faceva delle paste dolci: — mandiamone un poco a Grazia? — diceva. (Diceva Grazia, ma pensava Natale). A capo d’anno aveva ricevuto dalla sua amica Ina un grosso panettone e subito aveva detto: — Invitiamo i Martinez a venir su a mangiarlo con noi? —

E come godeva di veder con quanto interesse Natale leggeva i suoi libri. Ce n’erano alcuni che ella non aveva letto ancora perchè erano un po’ difficili, ma gli diceva: «Tu però li puoi leggere: a te piaceranno.»

Qualche volta pensava con una segreta soddisfazione: — certo Raffaella avrò disimparato a leggere: non vedrò più neppure una pagina stampata. —