Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/149

Da Wikisource.

— 135 —

fosse finito, i ragazzi felici delle feste godute, precipitandosi a salti a salti giù per la valle giù in ombra Gli altri intanto salivano la montagna ancora illuminata dagli ultimi riflessi del sole tramontato, animati da un sodio d’idealità che elevava tutti i cuori.

Un solo, un piccolo cuore di fanciulla quel giorno soffriva.

Dorina si sarebbe fatta portare l’indomani in chiesa a ricevere la Cresima, ma al momento dell’arrivo del Vescovo essa era sola in casa, nel paese deserto e silenzioso, colle mani giunte dolorosamente in grembo come quando se ne stava in camera a pensare sempre ai suoi mali. Ora soffriva di un dolore forse non meno acuto, che le dava fitte nell’anima invece che nelle ossa. Ella, alla cui volontà tutto piegava sempre, perchè non aveva intorno che persone che l’adoravano e si studiavano di contentarla in ogni cosa, ella ora non aveva potuto fare che una cosa non fosse.

Ed ecco cosa. Vincenzo si era offerto di essere padrino di cresima a Natale, e Dorina era stata ad aspettare che Grazia si offrisse d’essere madrina a lei: ma l’offerta non veniva, e allora le dissero del desiderio di Dorina.

Oh, ella si teneva così sicura che avrebbe detto subito di si! invece rispose spiacente che non lo poteva, perchè aveva già la sua figlioccia: Raffaella de’ Caprezzi.

Ecco sfasciato il bel sogno di Dorina, di passare quella giornata con Natale, di averlo li alla loro tavola con suo padre e sua madre e Vincenzo.

Una fiammella di rancore contro Raffaella s’accese in lei. Che cosa aveva questa figliola di contadini,