Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/159

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acceso il lume e quasi non si vedevano più in viso, Dorina gli chiese che cosa contava fare quando sarebbe stato uomo.

«Che cosa?» ripetè Natale, non comprendendo la domanda.

«Non vorrai seguitar tutta la vita a condur le bestie sull’alpe e a segar fieno.»

«Spero che Dio mi darà questa fortuna,» rispose Natale, stupito da quelle parole della sua amica. «Non so davvero che cosa noi abbiamo fatto di bene per meritarci d’aver della terra nostra e così belle bestie. Quando vedo partir tanti uomini del paese per andar a lavorare fuor di confine, t’assicuro che io provo una vergogna. Mi par che tutti debbano pensare: perchè quelli lì, così grandi e grossi, stanno a casa e non hanno fastidî?» Tacque un momento, poi disse: «non capisco, Dorina, perchè hai detto quelle parole....»

«Volevo dire....» continuò esitando Dorina «che col tuo talento puoi continuar a studiare e diventar qualche cosa....»

Natale si mise a ridere. «Oh! forse segretario comunale, per star tutto il giorno inchiodato al tavolo a scrivere cose noiose?»

«Oh, qualche cosa di più....»

«Sindaco?... eh, lo potrei diventare anche senza studiare più di quello che so; anche mio padre è stato sindaco per qualche anno; e ne sa meno di me. C’è il segretario apposta per i sindaci ignoranti» aggiunse ridendo. «Ma per far del bene al proprio paese non occorre esser letterati: basta aver del giudizio e del cuore. Guarda, Dorina; io l’ho pensato molto in questi ultimi tempi.... Ma forse non l’ho pensato io, forse