Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/160

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l’ho letto in un libro, non so; ma adesso lo penso anch’io. Il mondo è come un gran stagno dove ciascun uomo deve gettare il suo sasso. Il sasso è il bene che fa; dove esso è caduto si forma un cerchio nell’acqua, poi un secondo, un terzo, e s’allarga s’allarga fin quasi a toccar le sponde; così tutti i cattivi gaz che sono nell’acqua vengono a galla, e spariscono; più sassi vi si getta e più l’acqua si move e diventa pura. Ma non c’è bisogno, vedi, di andar tanto in su per buttar il sasso: anzi, chi lo getta dall’alto lo fa cader troppo rapido e va giù dritto senza quasi agitar l’acqua.... Meglio è star sulla riva. Non mi sono spiegato bene, vedi Dorina, ma io so cosa voglio dire.»

Dorina tacque.

Dopo un poco disse: «Dunque tu non vuoi saperne più di quello che sai?...»

«Oh sì, il corpo ha bisogno di cibo e di aria e l’anima di sapere,» ha detto il missionario. «Ma io voglio imparare quello che mi può essere utile nella mia posizione. Ne abbiamo parlato anche con la mamma e mio padre. La mamma dice: — io credo che ogni uomo deve stare dove Dio l’ha collocato e fare il maggior bene che può al suo posto. — E quello che penso anch’io: quando i nostri uomini traversano il San Bernardo per andar in Francia, camminano tutti insieme: se quelli forti e giovani allungassero il passo, resterebbero indietro soli i vecchi e i deboli senza soccorso. Non ti pare, Dorina?

Se io volessi uscire dal mio stato, avrei bisogno dell’aiuto di tanti per farmi una posizione e non potrei pensare che a me, non avrei più tempo di pensare agli altri. Invece così, io non ho bisogno di