Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/166

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«Ma sì, andiamo, Natale, di’ il tuo parere!» esclamò Vincenzo.

«Quel che dite voi dev’essere giusto. Che volete ne sappia io....»

«Va là, va là, che co’ tuoi diciott’anni ne sai più di tanta gente a cinquanta!» disse ancora Vincenzo.

«Sì: adesso burlatemi, anche! Ebbene, volete burlarmi del tutto? ecco qua. Io dico che è cento volte meglio un signore istruito, che conosca bene il mondo e sappia parlar bene, di un industriale che non s’è occupato che della sua tessitura, e non vede null’altro che l’interesse della sua industria e della nostra valle.... Ma che diamine! la nostra valle non è tutta l’Italia! e gli interessi nostri non vogliono dire gli interessi del paese. Datemi un uomo che è al corrente di tutto, che non ha crucci per sè, che non ha bisogno di lavorare per vivere, e che sappia dire le cose buone in maniera di farle piacere a tutti, e io vi dico che averne il Parlamento pieno sarebbe la salvezza d’Italia!»

«Uh uh!» fecero tre o quattro.

«La gente che sa parlare non sa fare,» sentenziò il segretario.

Natale si riscaldò. «Come! il saper parlare! ma il saper parlare è tutto in certi casi! Cristo si trascinava dietro la folla e trasportava i cuori perchè parlava bene.»

«Oh Natale! Cristo fece qualche cosa di più che parlare!» ammonì l’albergatrice.

«Chi non lo sa? ma noi, ora, che non vediamo i suoi miracoli, che cosa ci incanta in Lui? che cosa ci fa credere in Lui? Sono le cose che disse e la maniera con cui le disse.»