Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/170

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gnata che m’aiuta. La mano di Bernardo che teneva la lanterna davanti a loro traballò, e Natale, oh come si ricordò di quando erano piccini e si portava la piccola Raffaella in braccio per scappare dei rospi che le tacevano paura. Avrebbe voluto anche ora poter pigliarla e portarla lontano, lontano dal dolore che l’aspettava fra poche ore.

— Perchè ci sono queste ingiustizie al mondo?... — pensò — una famiglia ha tutte le fortune e un’altra è bersagliata dalle sventure. Noi crediamo che sia per provare la virtù dei disgraziati, ma forse è invece per provar quella dei fortunati.... Chi lo sa: forse agli occhi di Dio è più grande disgrazia il veder un uomo felice che non si cura del dolore degli altri.... Basta; quando saremo lassù, vedremo. Dicono che le lagrime sono contate e verranno compensate con altrettante gioie di là. Perchè non si dice che le allegrezze di qui costeranno delle lagrime all’altro mondo? —

Le disgrazie non vengono mai sole, dice un triste proverbio, e quella notte doveva essere fatale per quella povera famiglia de’ Caprezzi.

Bernardo e Natale se ne tornavano silenziosi a casa quando una luce rossastra illuminò a un tratto la stradetta buia. Si voltarono sbigottiti e subito degli urli echeggiarono nel paese: — fuoco! fuoco! fuoco! —

Le finestre s’aprirono, altre grida risposero, urlarono, e dieci minuti dopo tutto il paese era in piedi. Le campane sonavano a stormo, le donne gridavano, ma sopra ogni rumore dominava il muggito disperato, straziante di tre mucche e un vitellino che bruciavano, rinchiusi nella stalla.

Il fuoco aveva preso chi sa come, proprio in un