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Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/216

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Uscirono tutti insieme dalla locanda. Grazia si teneva il braccio di Raffaella sotto il suo con una tenerezza materna che scaldava il cuore della povera ragazza, Natale veniva dietro con suo padre e con Nocente.

Arrivati a un punto del sentiero, si fermarono a salutarsi, e tutte quelle mani s’incrociarono e si strinsero, anche quelle di Natale e di Nocente.

Soltanto Raffaella si teneva in disparte, contro la callaia di neve che costeggiava il sentiero. Nocente si voltò e le disse: «Animo! che fai? dà qua anche la tua mano a Natale. Eravate ben amici da piccini.»

«E lo sono ancora ancora!» disse Grazia colla sua voce dolce e commossa. «Domani vi aspettiamo tutti a desinare con noi per suggellar l’amicizia.» E buttò le braccia al collo di Raffaella, baciandola più volte e dicendole piano: «Che Dio ti benedica, figlia mia!»

Grazia e Bernardo erano già rientrati in casa e ancora Natale passeggiava di fuori, nella neve scricchiolante come se non fosse stanco del faticoso viaggio.

Aveva tante cose nella testa e nel cuore che volevano uscire, e gli pareva che all’aria aperta gli fosse più facile di ripensare a tutto quello che aveva fatto e pensato da ventiquattro ore in qua.

Ma finalmente s’accorse d’aver bisogno di riposo, si fermò a dare un’occhiata al cielo, si passò le mani sulla fronte, sorrise fra sè e disse forte: «Dopo tutto, che consolazione di ritrovarsi onesti!» E rientrò in casa.