Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/64

Da Wikisource.

— 50 —

spalla accanto a Natale, al quale essa s’aggrappò tutta rallegrata di trovarsi a un tratto così in alto col suo amico.

Per entrare in casa, Bernardo si dovette chinare, e quando si rialzò nella cucina, i due bambini toccavano colle mani il soffitto.

Quella sera Grazia promise a suo marito che mai più avrebbe lasciato entrar Nocente in casa loro. Ah, il cattivo bambino! non poteva veder contenta la sua sorellina senza essere preso dalla tentazione di tormentarla, di farla piangere. Se lei giocava col carrettino andava a strapparglielo di mano; se aveva la gattina in grembo e la stava accarezzando, egli la faceva scappare; un momento che Grazia era uscita lasciando la credenza aperta, egli ficcò il dito nel catino pieno di latte e si succhiò tutta la crema; poi ruppe il traversino di una seggiola, buttò a terra un vaso di garofani e si nascose in tasca un gomitolo trovato sotto la tavola.

«Cerca di fargli del bene fuori di casa,» disse Bernardo a sua moglie «ma fra i piedi non voglio più vedermelo.»

La mattina dopo, Grazia se lo trovò invece in cucina, schioccando una frusta coll’aria d’essere in casa sua.

«Caro bambino mio,» gli disse la buona donnina «non ti pare che tu staresti meglio fuori, nei prati? Vedi, qui è un tormento per te: prima di tutto perchè io ti devo portar via questa frusta per paura che tu leva un occhio al mio Natale o a me, o mi faccia volar giù dalla credenza i piatti. Poi, perchè dovrò metterti fra le mani una scopa per ripulire il pavimento che hai sporcato coi tuoi piedi bagnati e infangati.»