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«Non m’importa niente di niente!»
Savina gli lasciò andare uno schiatto ed egli le si precipitò addosso e le morsicò una spalla, così forte che la ragazzina cadde gridando di dolore, sul mucchio di patate.
«Ah! verranno! verranno i carabinieri! ti mette ranno in prigione, vedrai!»
Ma Nocente era già fuori di casa e si precipitò per i prati, tenendosi rannicchiato e guardandosi paurosamente indietro.
A un tratto inciampò, perdette l’equilibrio e rotolò come una pietra giù per un dirupo fino al torrente.
Le donne che vi stavano lavando videro arrivare come una valanga questo involto scuro, che non riconobbero per un bambino che nel momento in cui fece un tonfo nell’acqua bassa, proprio dove c’erano i pietroni.
Grazia, ch’era la più vicina, fu la prima ad accorrere, a sollevarlo. «È Nocente della Marianna. s’è rotto la testa!»
Lo presero, gli lavarono le ferite, lo lasciarono. Il ragazzo non aveva ancora aperto gli occhi, ma cuore batteva. «Povera donna! non le mancava che questo! giusto lei che non ha un minuto libero!... Toccherà a quella povera Savina di curarlo, come se non avesse abbastanza da fare!» dicevano le donne.
«Portiamolo su in casa mia» disse Grazia. «Potrebbe darsi che fra qualche ora tutto fosse passato. Questa sera lo diremo a Marianna, ma intanto non parliamone; è inutile farla spaventare.»
Così fu fatto.