Pagina:Alcuni discorsi sulla botanica.djvu/40

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Laonde degnissimi sono i fiori, che ci intratteniamo ancora un poco con essi, e dopo averne nelle precedenti lezioni minutamente studiato il mirabile artifizio delle parti, e gli uffici importanti che queste adempiono, non deve certamente riuscirvi disscaro, se oggi, innalzandomi a più alte considerazioni e vedute più generali, io faccia prova di cogliere, se si può, le attenenze, che ha il fiore colla natura che lo circonda, alzando un lembo di quel fitto velo, che copre la misteriosa, ma non per questo meno efficace azione, che luce, calorico, elettrico esercitano sulla breve e fuggevole sua esistenza.

A niuno è ignoto, che il fiore comparisce sulla pianta quando questa ha raggiunto il suo pieno sviluppo ed è capace di riprodursi; onde avviene, che le piante annue lo mettono sola una volta, le perenni non legnose, o come le chiamano vivaci, quando esse hanno già condotto a perfezione il fusto e le foglie, gli alberi e gli arbusti, acquistata che abbiano solidità e durezza. Le parti interne del fiore da bel principio stanno raccolte e quasi rannicchiate dentro la boccia con quel mirabile magistero, che a suo tempo vi ho svelato; col ridestarsi però dei tepori primaverili, ognuna di esse, in grazia della dilatazione, e del naturale scostamento degli inviluppi, che intorno la stringevano, viene all’aperto, e man mano districandosi, e dispiegandosi assume quella regolarità e perfezione di forme,