Pagina:Alcuni opuscoli filosofici.djvu/79

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confusione (che poi da questo solo s’intenderà il medesimo delle infinite moltitudini degli altri) e caschi nel piano AB in F, il quale dovendo reflettere con angolo eguale a quello dell’incidenza, rifletterà v. g. in G nell’altro piano CD, & indi risalterà in H, poi in I, e di li in L, &c. di modo che potremo dire, che non ritrova strada d’uscire, anzi li converrà restare fra i detti due piani, come sepolto. Ora se noi a questo pensiero pronunziato da me forse troppo temerariamente, e rozzamente, aggiugneremo quello, che il Signor Galileo in esquisitissima, sottilissima, ed altissima maniera discorse della Natura del caldo nel suo Saggiatore, mi pare che averemo assai probabil ragione di dire, che i lumi, come velocissimi in altissimo grado possono ancora in assai veloci movimenti, e spezzamenti concitare quelle particelle, che compongono i suddetti piani, e per conseguenza produrre il calore, il qual calore assolutamente non intendo (come ben dice il Signor Galileo) che si faccia con altro immediatamente, che col transito de’ corpi, sicche non intendo, che il lume per se stesso produca il calore in altro modo. Dico dunque, che con qualche congruenza, e probabilità possiamo assegnare la definizione di quella qualità da noi comunemente chiamata negrezza, e dire, che non sia altro, che una superficie a guisa di un artificiosissimo sepolcro di lume, talmente disposta, che i lumi, che la feriscono abbiano sempre i loro tratti, corsi, e movimenti verso le parti interne dopo essa superficie, ed ivi restino, nel modo dichiarato, sepolti. E per