Pagina:Alcuni scritti del dottor Carlo Cattaneo vol. I, Milano 1846.djvu/48

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E ALFIERI 31

Il tradimento
Mi circuisce, e cento occhi venali
Vègliano su' miei passi. Il re Filippo
Vende al più vile de' creati suoi
Il proprio unico figlio.

E chiude la scena dilettandosi dell' ira onde suo padre fremerà nel sapere l'arcano di cui lo divora curiosa febre. Ma, poniamo pure che Don Carlo potesse obliare ogni dover di figlio; poteva egli, in delicatezza d'amante e di cavaliere e di spagnolo, esultar nell'idea che Filippo penetrasse l' arcano? Nella scena d'Alfieri che corrisponde a questa (III dell'atto terzo), Gomez chiede con cortigiana umiltà, che il prìncipe lo lasci

Entrar ... a parte
Della giusta letizia, onde lo colma
La riacquistata alfin grazia del padre.

E gli vanta i servigi che gli ha prestato e che vorrebbe prestargli. E Carlo non lo chiama nè spia, nè traditore, nè sacrìlego, nè venduto, nè vile. Ma, senz'altro dire, gli volge le spalle. - E questo è atto da prìncipe e da uomo leale e sdegnoso. E Gomez medesimo lo spiega in poche parole:

Superbo molto ... Ma più incauto assài!

Parole profonde, che mostrano e quanto implacabil ira desti il disprezzo, e quant'arte di vivere sia necessaria anche ai potenti. La scena di Schiller, quasi lunga quanto un atto d'Alfieri, non ci manifesta l'intimo degli ànimi e delle cose più che i sei versi, in cui Gomez fa le umili sue congratulazioni e le sue proferte, alle quali il prìncipe risponde colle spalle; e il cortigiano offeso e conscio della secreta sua potenza, soggiunge quella parola tutta pregna di vendetta e di veleno: Incauto!. Ma nè tutti gli scrittori hanno il dono d'abbracciar tanto senso con