E per la terra, e per il cielo spira
Quello indistinto fáscino d’amore
Che scorre per le fibre a le fanciulle,
Pei calami del fiore,
E forse per le stelle:
Anche quest’erma valle e queste brulle
Rocce si fanno belle
D’un lor riso severo.
Lungh’esso il fiume in su la tersa ghiaia
Manda il pivier la gaia
Nota di sposo. Ai piedi de le selci,
Coronate di felci, esce il ciclame
Profumando; e la vite
Selvatica diffonde
Lontanamente i balsami rapiti
Dal venticello ch’alita sull’onde.
Nasce, amoreggia, e muor tra le dorate
Selvette tenüissime dei muschi
Un mondo di viventi atomi, a cui
Sembra una stilla di rugiada un lago
E per girare intorno
All’orbe immenso d’una margarita
Consumano la vita.
Fino ai colubri appigliasi l’arcano
Assillo dell’amor. Sbucan dai covi
Cinti di rovi al sol meridïano,
Avviandosi ardenti al consueto
Loco dei cento talami. Costretti
Ivi in beata voluttà di spire
Mettono un fischio languido; ed il sole
Coi raggi indifferenti
Feconda a un tempo il tossico ai serpenti,
L’olezzo a le vïole.