Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/358

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318 i sette soldati.

Come quel punto non avríeno avvinte
Di tanto amor le vite
Di que’ due che giammai non s’eran visti.
V’à de’ momenti in questo
Tenebroso passaggio de la terra,
Che in mezzo al turbinío dei sentimenti
L’anima splende, e illumina gli arcani
D’un’alma ignota che s’affaccia; e a un punto
La comprende, l’attrae, l’ama, e contesse
In un balen lo stame
D’un immortal legame.
Al patrio Dio rivolti7
Giurâr d’esser fratelli
Uniti in vita, uniti
Fin ne la tomba istessa:
E come vedi, tenner l’impromessa.» —
Ei tacque. E quel secondo
Infelice guardai. Come era bello
Il volto de la morta creatura,
Ritoccato così da la sventura!
Un non so che di femminile uscía
Dal languido sembiante, e da le brevi
Onde del crine di cotale un biondo
Che nel color di cenere moría.
Quasi cercasse un ultimo saluto,
Verso il fratel tendea la man che sola
Gli rimanea già tinta
Di sepolcral vïola.
Poco da lui lontano
Ancor da una vulgare elsa indivisa
Giacea soletta un’altra man ricisa,
E forse era la sua. — «Questi che guardi»
Seguì quel mesto con rotte parole