Pagina:Alencar - Il guarany, I-II, 1864.djvu/157

Da Wikisource.

— 139 —

mi giudichi morto. In questo testamento narro la lega che esiste fra di noi, e il fine per cui ci affatichiamo.

I due avventurieri si fecero lividi come spettri.

— Comprenderete adesso, disse Loredano sorridendo, che se mi assassinate; se un accidente qualsiasi mi privasse di vita; se mi desse anche nel capo di fuggirmene e far supporre ch’io fossi morto, siete perduti irreparabilmente.

Bento Simoes restò paralizzato, come se una catalepsia lo avesse fulminato. Ruy Soeiro, non ostante la scossa violenta che provò, riuscì con uno sforzo a ricuperare la parola.

— È impossibile!... gridò egli. Ciò che dite è falso. Niun uomo l’avrebbe fatto.

— Mettetemi alla prova! rispose Loredano calmo e impassibile.

— Lo fece.... ne sono certo.... balbettò Bento Simoes con voce sommessa.

— No, interruppe Ruy Soeiro; Satanasso stesso nol farebbe. Orsù, Loredano: confessate che c’ingannaste, che voleste intimorirci?

— Dissi il vero.

— Mentite! gridò l’avventuriere disperato.

Loredano sorrise: traendo la spada, stese la mano sopra la croce dell’impugnatura, e disse lentamente, lasciandole cadere ad una ad una, queste parole:

— Per questa croce, e pel Cristo che sopra di essa patì; pel mio onore in questo mondo e l’anima nell’altro, — lo giuro.