Pagina:Alencar - Il guarany, II, 1864.djvu/12

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fioca. Il frate, chinandosi sopra di lui, sembrava divorasse colle labbra semiaperte le parole balbettate dal moribondo.

— Coraggio, figlio!

— Sì! debbo dir tutto!... Affascinato dalla descrizione di quel tesoro favoloso, mi venne una tentazione iniqua, che tosto si converse in brama ardentissima di possedere quelle ricchezze... meditai... e mandai a compimento un delitto! Assassinai mio parente e sua moglie...

— E... sclamò il frate con voce sorda.

— E involai il loro segreto!

Il frate sorrise nelle tenebre.

— Ora mi resta solo la misericordia di Dio, e la riparazione del male che feci... Roberto vive in Spagna sventurato... Voglio che questa carta gli sia restituita... Lo promettete, frate Angelo?...

— Lo prometto! La carta?...

— È... nascosta...

— Dove?

— In que... sta...

Il moribondo agonizzava.

Frate Angelo, sospeso interamente sopra di lui, coll’orecchio applicato alla sua bocca, da cui gorgogliava una spuma vermiglia, colla mano sopra il cuore per sentire se ancora palpitava, pareva che volesse ritenere quell’alito di vita, per trarne ancora una parola.

— Dove?... mormorava di tratto in tratto il frate con voce cavernosa.

L’infermo agonizzava sempre; gli estremi