Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/208

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Frattanto il valente cavaliere continuava a far prodigi di valore e di coraggio; ogni volta che avventava la spada, era un nemico di meno che restava in piedi, una vita che spegnevasi a’ suoi piedi in un lago di sangue.

I selvaggi raddoppiavano di furore contro di lui, ed ogni volta il suo agile braccio si movea con più sicurezza e precisione, ruotando come folgore la lama d’acciaio, che appena vedeasi brillare nelle sue rapide evoluzioni.

Ma gli Aimorè, scorto il giovane senza difesa alle spalle, ed esposto ai loro colpi, si concentrarono in quel punto; uno di loro si avanzò, alzò colle due mani la pesante mazza e la calò sul capo di Alvaro.

Il giovane cadde; ma nella sua caduta la spada descrisse ancora un semicerchio, che abbattè due nemici assieme a quello che lo avea ferito a tradimento; il dolore violento impresse a quell’ultimo colpo una forza soprannaturale.

Nell’atto che gli Indiani stavano per precipitarsi sul cavaliere, Pery saltò in mezzo a loro, e afferrando la spingarda che giaceva a’ suoi piedi, fece di questa un’arma terribile, una clava formidabile, la cui possa provarono tosto gli Aimorè.

Appena si vide libero dal turbine nemico, l’Indiano si caricò Alvaro sulle spalle, e spianandosi la via con quell’arma terribile, lanciossi nella foresta e disparve.

Alcuni lo seguirono; ma Pery si volse indietro