Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/226

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Respinse l’idea che gli s’era presentata allo spirito, e gli sovvenne che don Antonio sorrideva nel momento che invitava sua figlia a bere, e che la sua mano non tremava porgendole la tazza.

Tranquillo a questo riguardo, l’Indiano che non avea tempo da perdere, guadagnò lo spianato, corse alla camera da lui occupata e scomparve.

Per un’ora nessun lo vide, nè seppe che cosa fosse avvenuto di lui; già era notte avanzata, e una profonda oscurità avvolgeva la casa e i dintorni.

Durante quel tempo niun caso straordinario venne a mutare la posizione disperata in cui si trovava la famiglia; la calma sinistra che precede le grandi tempeste libravasi sul capo di quelle vittime, che numeravano non più le ore, ma gli istanti di vita che loro rimanevano.

Don Antonio passeggiava lungo la sala colla medesima serenità de’ suoi giorni tranquilli e placidi d’altra volta; di tratto in tratto il fidalgo si arrestava sulla porta dell’armeria, gettava un’occhiata sopra sua moglie che pregava e la figliuola addormentata, di poi continuava il suo passeggio interrotto.

Gli avventurieri, aggruppati vicino alla porta, seguivano cogli occhi la figura del fidalgo, che smarrivasi nel fondo oscuro della sala, e spiccava di nuovo piena di vigore e di colorito nella sfera luminosa, che cingeva la lampada d’argento sospesa al tetto.