Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/31

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Loredano aprì la porta della sua cameruccia, e tornò poco dopo con un asse lungo e stretto, che collocò sopra l’abisso a guisa dì ponte aereo.

— Fate di assicurar questa tavola, Ruy. Pongo la mia vita nelle vostre mani, vi do con ciò la maggior prova di fiducia. Basta un po’ di moto a far ch’io rovini in fondo alla roccia.

Loredano trovavasi allora nel medesimo luogo che la notte dell’arrivo, poche braccia distante dalla finestra di Cecilia; che non potea vedere a cagione dell’angolo formato dalla roccia e dalla casa.

La tavola fu collocata nella direzione della finestra; la prima volta eragli bastato il suo pugnale; ora abbisognava di un appoggio sicuro e del libero moto delle sue braccia.

Ruy montò sopra un’estremità della tavola, e assicurandosi a un trave del pian terreno mantenne immobile sul precipizio quel ponte pensile, su cui Loredano andava ad avventurarsi.

Il quale, senza esitare, si spogliò delle armi per essere più leggiero, si scalzò, strinse fra i denti il suo lungo pugnale, e pose il piè sopra l’asse.

— Aspettatemi dall’altro lato, disse Loredano.

— Sì, rispose Ruy con voce tremante.

La ragione per cui la voce di Ruy tremava, si era che un pensiero diabolico cominciava a fermentare nel suo spirito; rifletteva che Loredano e il suo secreto stavano nelle sue mani; che per liberarsi dell’uno e impadronirsi dell’altro, non