Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/89

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— Siate abbastanza generoso per confessarlo; ma udite. Io conosco, io leggo ne’ vostri menomi moti. Voi mi apprezzate forse come sorella, ma fuggite da me, e avete tema che Cecilia non pensi che mi amate; non è così?

— No, sclamò Alvaro insensibilmente; ho tema, ho paura... ma di amarvi!

Isabella provò una commozione tanto violenta, udendo le parole rapide del giovane, che rimase come estatica, senza far motto; i palpiti del suo cuore la soffocavano.

Alvaro non era meno commosso; soggiogato da quell’amore ardente, scosso dall’annegazione della fanciulla, che esponeva la sua vita solo per accompagnarlo da lungi con uno sguardo e proteggerlo colla sua sollecitudine, si era lasciato sfuggire il secreto della lotta che sosteneva dentro di sè.

Ma appena pronunciate quelle parole imprudenti, riuscì a dominarsi, e facendosi di nuovo freddo e riservato, parlò ad Isabella in tuono grave.

— Sapete che amo Cecilia; ma ignorate che promisi a suo padre di essere suo sposo. Finchè egli di sua libera volontà non mi scioglie dalla mia promessa, sono obbligato a compirla. Quanto al mio amore, questo mi appartiene, e solo la morte può sciogliermene. Il giorno che amassi altra donna, che non fosse lei, condannerei me stesso come uomo sleale.

Il giovane si volse verso Isabella con un amaro sorriso.