Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/90

Da Wikisource.

— 88 —

— E sapete che cosa fa un uomo sleale, che possiede ancora la coscienza sana per giudicare sè stesso?

Gli occhi della giovane sfavillarono d’un fuoco sinistro:

— Oh! lo comprendo!... Quello stesso che fa una donna che ama senza speranza, e il cui amore è un insulto e una sofferenza per colui che ella adora!

— Isabella!... sclamò Alvaro turbandosi.

— Avete ragione! Solo la morte può slegare da un primo e santo amore cuori come i nostri!

— Mettete da parte questi pensieri, Isabella! Credetemi; una sola ragione può giustificare una tale follìa.

— Quale? dimandò Isabella.

— Il disonore.

— Ve n’ha anche un’altra, rispose la giovane con vivacità; un’altra meno interessata, ma nobile al pari di questa; la felicità di colui che si ama.

— Non vi comprendo.

— Quando alcun sa che può esser cagione di sventura a quello che stima, meglio è recidere l’unico laccio che ci lega alla vita, che vederlo a lacerarsi. Non dite che avete tema di amarmi? Adesso son io che ho tema d’esser amata.

Alvaro non sapea che rispondere; era in una terribile agitazione: conosceva Isabella, e sapea di qual valore fossero quelle parole ardenti che le sfuggivano dalle labbra.