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Pagina:Alfieri, Vittorio – Della tirannide, 1927 – BEIC 1725873.djvu/222

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ii. del principe e delle lettere
 



vinta, non avrebbe come egli cercato la maggioranza e la fama nella sola usurpata potenza?

Ma parlando io qui delle lettere, piú che d’ogni altro genere di umana grandezza, mi conviene dimostrare quale e quanta influenza abbia sovr’esse questo naturale impulso negli scrittori. Ed è questo un raro e prezioso privilegio delle lettere sovra tutti gli altri rami dell’umana grandezza, che chi ha veramente questo impulso e, avvedendosene in tempo, sottrar lo sa dalle ingiurie e danni che arrecare gli possono sí l’altrui autoritá e protezione, come il proprio ozio, bisogno e timore; quegli può fare ogni piú eccellente e somma cosa da se stesso. Questa divina arte dello scrivere, ella è pure innegabilmente per se medesima la piú indipendente di tutte, come giá ho dimostrato nel libro secondo; e la piú innocente ad un tempo, poiché a nessuno può recar danno, se non al vizio: e la piú utile in somma, poiché a tutti può, e dée voler sommamente giovare. Quindi è, che al fare, per esempio, la grandezza di Giunio Bruto, erano necessari i Tarquinii tiranni, Lucrezia stuprata, Collatino giustamente disperato, il furore dei cittadini, il molto sangue sparso e nel fòro e nel campo, e la uccisione in fine dei propri figliuoli di Bruto; cose tutte lamentevoli, e lungamente riuscite dannose, prima che l’utile ed il bene ne ridondasse; ma al fare la grandezza di Omero, null’altro era necessario che Omero stesso e il naturale suo impulso.

Il primo obbligo dunque di chi si destina scrittore, egli è d’imparare a conoscere in se stesso questo sublime impulso; e, conosciuto, a dirigerlo. Appurando cosí i propri suoi mezzi, ove egli senta vivamente in se stesso la evidente certezza di un tale impulso, fermamente dée credere che egli tutto fará da se stesso; e che ogni protezione potrá nuocergli, e nessuna giovargli.

Ma, come mai potrá il candidato scrittore conoscere se egli abbia o no questo impulso? Dai seguenti sintomi. Se egli, nel leggere i piú sublimi squarci dei piú sublimi autori, altro non sente nascere in sé che commozione e diletto, egli è come i molti che stupidi non sono; se vi si aggiunge la maraviglia,