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ii. del principe e delle lettere
 



fierezza e una dose di coraggio (benché pessimamente adoperato) non picciola; i meno schiavi nel principato pare che dovrebbero essere quei nobili che non sono contaminati di corte. Ma se tali non sono, se ne abbiano il danno. Io, nel parlare a loro, e nel supporli capaci di non maculare le lettere, perché bisogno non hanno di macularle, vengo ad un tempo stesso a parlare a chiunque, benché umilmente nato, si trova pure nelle stesse loro circostanze, e pensa come il dovrebbero i nobili. Posti dunque i nobili, ovvero gl’indipendenti ed agiati, tra il popolo e il principe, di cui sono stati pur troppo finora il maggior lusso e sostegno, possono costoro nei presenti tempi, pienamente conoscendo il debole ed il nulla del principe, rivelarlo e dimostrarlo al popolo; ed avendo essi imparato a conoscere e rispettare del popolo la forza ed i sacri diritti, rivelarli possono ed insegnarli ad un tempo al principe ed al popolo stesso. Ma non lo fanno costoro, perché educati per lo piú fra le corti al servire, nessuna vera luce di sane lettere introdurre si può fra i loro immensi pregiudizi ed errori, ancorché paiano essi, o parer vogliano e cólti e saputi. Che se tali pur fossero, per quanto schiavi sian nati del loro orgoglio, preferirebbero pur sempre di gran lunga di divenire, in ben costituita repubblica, ciò che era in Roma non guasta il senato e i patrizi, o ciò che dovrebbero essere in Inghilterra i pari del regno, all’essere i ciamberlani, cacciatori, capitani, ambasciatori, siniscalchi, maggiordomi o che altro so io, di un assoluto loro padrone. Nulladimeno i nobili, o agiati indipendenti nel principato, tali ch’ei siano, hanno puranche piú assai luce che il popolo perché hanno l’ozio ed i mezzi per leggere, parlare, viaggiare, vedere, e quindi anche un pocolino pensare.

Io dunque vorrei che quella picciolissima sana parte di essi, a cui fra le universali tenebre traluce un qualche barlume di veritá, abbandonasse da prima ogni carica; perché tutte sono infami quelle che un solo può togliere e dare. E massimamente vorrei che abbandonasse il mestiere dell’armi; il quale, quanto è onorevole ed alto dove patria vi ha e si difende, altrettanto è vergognoso e risibile dove per uno, cioè contro a se stessi ed