Pagina:Alfieri, Vittorio – Della tirannide, 1927 – BEIC 1725873.djvu/30

Da Wikisource.
24
i. della tirannide
 



propri sergenti con le spade sguainate; e spesso anche delle artiglierie vi si trovano, affinché, atterriti da tergo, codesti vigliacchi simulino coraggio da fronte. Senza aver molto onore, potranno dunque cotali soldati anteporre una morte non certa e onorevole ad una infame e certissima.

Capitolo Quarto

Della viltá.

Dalla paura di tutti nasce nella tirannide la viltá dei piú. Ma i vili in supremo grado necessariamente son quelli che si avvicinano piú al tiranno, cioè al fonte di ogni attiva e passiva paura. Grandissima perciò, a parer mio, passa la differenza fra la viltá e la paura. Può l’uomo onesto, per le fatali sue natíe circostanze, trovarsi costretto a temere; e temerá costui con una certa dignitá; vale a dire egli temerá tacendo, sfuggendo sempre perfino l’aspetto di quell’uno che tutti atterrisce, e fra se stesso piangendo, o con pochi a lui simili, la necessitá di temere e la impossibilitá d’annullare o di rimediare a un cosí indegno timore. All’incontro, l’uomo giá vile per propria natura, facendo pompa del timor suo, e sotto la infame maschera di un finto amore ascondendolo, cercherá di accostarsi, d’immedesimarsi, per quanto egli potrá, col tiranno; e spererá quest’iniquo di scemare in tal guisa a se stesso il proprio timore, e di centuplicarlo in altrui.

Onde ella mi pare ben dimostrata cosa che nella tirannide, ancorché avviliti sian tutti, non perciò tutti son vili.