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libro ii - capitolo v
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finché la prudenza non degenera in viltá; e morire da forti, ogniqualvolta la fortuna o la ragione a ciò li costringa. Un cotal poco verrá ammendata cosí, con una libera e chiara morte, la trapassata obbrobriosa vita servile.

Capitolo Quinto

Fino a qual punto si possa sopportar la tirannide.

Ma fino a qual segno si possa sopportar l’oppressione di un tirannico governo, difficile riesce a prefiggersi; poiché non a tutti i popoli né a tutti gli individui gli stessi oltraggi portano un egual colpo. Nondimeno, parlando io sempre a coloro che non meritando oltraggio nessuno, vivissimamente quindi sentono nel piú profondo cuore i piú leggieri eziandio; ed essendo costoro i pochissimi (che se tali i moltissimi fossero, immediatamente ogni pubblico oltraggiator cesserebbe) a costoro dico che si può da lor sopportare che il tiranno tolga loro gli averi, perché nessun privato avere vale quell’estremo universale scompiglio che ne potrebbe nascere dalla loro dubbia vendetta. Cosí perversi sono i presenti tempi che da una privata vendetta, ancorché felicemente eseguita, non ne potrebbe pur nascere mai nessun vero permanente bene pel pubblico, ma se gli potrebbe accrescer bensí moltissimo il danno. Onde, volendo che i buoni, nella stessa tirannide, siano, per quanto essere il possano, cittadini; e volendo che ai loro conservi o giovino o inutilmente almeno non nuocano, ai buoni non darei mai per consiglio di sturbare inutilmente la pace, o sia il sopore di tutti, per far vendetta delle loro tolte sostanze.

Ma le offese di sangue nella persona dei piú stretti parenti od amici, allorch’elle siano manifestamente ingiuste ed atroci: e cosí le offese nel proprio verace onore, io non ardirei mai consigliare a chi ha faccia d’uomo di tollerarle. Si può vivere senza le sostanze, perché nessuno muore di necessitá; e perché l’uomo, per l’esser povero, non riesce perciò mai vile a