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atto quinto 163
mal sicuri, a te vengo... — Oimè! qual fia

del lagrimevoi caso, o madre, il fine?...
Gioc. Degno di noi. — Cura ne lascia all’ira,
al rio furor degli spietati Dei. —
Ma, chi ver noi?... Che miro?... Oh ciel! vien tratto
il morente Eteócle...
Antig.   Al debil fianco
gli fan colonna i suoi guerrieri!...
Gioc.   Oh! come
a lenti passi di morte ei si avanza!
Antig. Che veggio? il segue Polinice!...


SCENA TERZA

Eteocle, Polinice, Giocasta, Antigone,

Soldati d’Eteocle.

Antig.   Ah! salvo

almen tu sei...
Polin.   Scostati: va: non vedi?
Tinto son tutto del fraterno sangue.
Gioc. Ahi scellerato, fratricida, infame!...
Al cospetto venirne osi di madre,
cui trafiggesti un figlio?
Polin.   Al tuo cospetto
vivo tornar, no, non volea; quel ferro,
che tronca a lui la vita, in me ritorto
l’aveva io giá con piú adirata mano...
Gioc. Ma tu pur vivi; ahi vile!...
Antig.   Oh ciel! Qual vita!...
Polin. Inopportuno, a viva forza, Emone
mi tratteneva, e disarmava il braccio.
Forse mi vuol per altra man trafitto
il crudo fato. Oh! se la tua fia quella,
ferisci, o madre; eccoti il petto ignudo:
or via, che tardi? Io non ti son piú figlio;
io, che ti orbai d’un figlio...