Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/349

Da Wikisource.

atto secondo 343
Osservan me; pajon stranieri.

Oreste   Udisti?
Nomato ha Egisto.
Pilade   Ah! taci.
Elet.   O voi, stranieri,
(tali v’estimo) dite; a queste mura
che vi guida?
Pilade   Parlar me lascia; statti. —
Stranieri, è ver, siam noi; d’alta novella
quí ne veniamo apportatori.
Elet.   A Egisto
voi la recate?
Pilade   Sí.
Elet.   Qual mai novella?...
Dunque i passi inoltrate. Egisto è lungi:
infin ch’ei torni, entro la reggia starvi
potrete ad aspettarlo.
Pilade   E il tornar suo?...
Elet. Sará dentr’oggi, infra poch’ore. A voi
grazie, onori, mercé, qual vi si debbe,
dará, se grata è la novella.
Pilade   Grata
Egisto avralla, benché assai pur sia
per se stessa funesta.
Elet.   Il cor mi balza. —
Funesta?... È tale, ch’io saper la possa?
Pilade Deh! perdona. Tu in ver donna mi sembri
d’alto affare: ma pur, debito parmi,
che il re n’oda primiero... Al parlar mio
turbar ti veggio?... e che? potria spettarti
nuova recata di lontana terra?
Elet. Spettarmi?... no... Ma, di qual terra sete?
Pilade Greci pur noi: di Creta ora sciogliemmo. —
Ma in te, piú che alle vesti, agli atti, al volto,
ai detti io l’orme d’alto duol ravviso.
Chieder poss’io?...