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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Polidoro.

Coll’alba io giungo: assai ventura io m’ebbi,

che non fui visto entrare. — O fera reggia,
dopo tre lustri, io ti riveggo al fine.
Pien di terrore io ti lasciava, il giorno
che fra mie braccia in securtá traeva
del mio buon re l’unico figlio, il sacro
avanzo del suo sangue: ma, compreso
di ben altro terrore or torno... Ah! questo,
pur troppo è questo di Cresfonte il cinto!
Questo è il fermaglio suo; sculta d’Alcide
evvi l’impresa: in man l’ebb’io per anni
ben sette e sette. Or venti lune appunto
compiono, al fianco io gliel cingeva, io stesso.
Ahi sconsigliato giovinetto! udirmi
tu non volesti; a’ miei canuti avvisi
sordo... Ecco il frutto!... Oh mal vissuti giorni
per me! Da un anno io ti perdei; giá indarno
di te vò in traccia da sei lunghi mesi;
ed or, quí presso alla natal tua terra,
del fiume in riva, per sentier romito,
trovo tue spoglie in un lago di sangue?