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258 maria stuarda
che vale? Il sai, quanto infelice, e oppresso,

ed avvilito, e abbandonato, e forse
tradito è quei, che mal tu scelto hai sposo;
ma, che pur scelto, aver nol puoi tu a vile.
Maria Io replicarti forse anco potrei,
che l’opre tue non caute a tal ridotto
t’han sole; e dirti io pur potrei, quant’era
mal guiderdon, quel che al mio amor da prima
rendevi tu; che a soggiogar piú intento,
che a guadagnarti con benigni modi
gli animi altrui di freno impazíenti,
tu li perdevi affatto; e nei mentiti
amici tuoi troppo affidando, in pria
consigli rei, poi tradimenti e danni
da lor traevi. Anco direi... Ma posso
io proseguire?... ah! no... Fia lieve amore
quel che d’amato oggetto osserva, o biasma,
o giudica gli errori. — Or tutto vada
in oblio sempiterno. Se a te piace
ch’io m’abbia il torto, avrommelo: deh, solo
che a niun di noi ne tocchi il danno! In calma
te stesso torna, e gli altri tutti a un tempo:
riapri il petto alla fidanza; e omai
di novitá desio non ti lusinghi.
Di regnar l’arte entro tua reggia apprendi,
regnando. Io di tant’arte a te per norma
me non addito; che piú volte anch’io
errai, non molto esperta: il giovenile
mio senno, il debil sesso, anco la poca
capacitá natía, mi han tratta forse
in molti errori. Altro non so, che scerre,
per quanto è in me, destro consiglio e fido;
quindi tentar con piè timido il vasto
regale aringo. Ah! cosí, pure io fossi,
come in amarti il sono, in regnar dotta!
Arrigo Ma in corte ogni uom destro consiglio e fido