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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Raimondo, Salviati.

Salv. Eccomi: è questo il dí prefisso: io riedo;

e meco vien quant’io promisi. In armi
giá d’Etruria al confin gente si appressa;
re Fernando l’assolda, il roman Sisto
la benedice; a piú inoltrarsi, aspetta
da noi di sangue il cenno. Or dimmi, hai presta
fra queste mura ogni promessa cosa?
Raim. Presto il mio braccio è da gran tempo: ed altri
né ho presti, assai: ma, chi ferir, né dove,
come, o quando, non san; né saper denno.
Manca a tant’opra il piú: l’antico padre,
Guglielmo, quei che avvalorar l’impresa
sol può, la ignora: alla vendetta chiuso
tiene ei l’orecchio; e ancor parlar l’udresti
di sofferenza. Il mio pensier gli è noto;
che mal lo ascondo; altro ei non sa: non volli
della congiura a lui rivelar nulla,
se tu pria non giungevi.
Salv.   Oh! che mi narri?
Nulla Guglielmo sa? Ciò ch’ei pur debbe
compiere al nuovo sol, ti par ch’ei l’abbia
ad ignorare, al sol cadente?
Raim.   E pensi,