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338 la congiura de’ pazzi
il braccio arrechi, oggi dal ciel fia scorto

dentro al cor empio, che a trafigger scelsi.
Gugl. E scelto hai tu?...
Salv.   Lorenzo.
Gugl.   Il piú feroce?
Raim. Io ’l volli in ciò pur compiacer, bench’io
prescelto avrei d’uccidere il piú forte.
Ma pur pensai, che al certo il vil Giuliano
di ascosa maglia il suo timor vestiva;
onde accettai, come piú scabra impresa,
io di svenarlo. Avrai Lorenzo; avrommi
io ’l reo Giulian: giá il tengo: entro quel petto,
nido di fraude e tradimento, il ferro
giá tutto ascondo. — A sguaínar fia cenno,
ed al ferire, il sacro punto, in cui,
tratto dal ciel misteríosamente
dai susurrati carmi, il figliuol Dio
fra le sacerdotali dita scende. —
Or, tutto sai: del sacro bronzo al primo
squillo uscirai repente; e allora pensa
ch’ella è perfetta, o che fallita è l’opra.
Gugl. Tutto farò. — Sciogliamci; omai n’è tempo. —
Notte, o tu, che la estrema esser ne dei
di servaggio, o di vita, il corso affretta! —
Tu intanto, o figlio, assai, ma assai, diffida
di Bianca: in cor di donna è scaltro amore.
E tu, bada, o Salviati, che se a vuoto
cade il colpo tuo primo, è tal Lorenzo,
da non lasciar, che tu il secondo vibri.