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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/350

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344 la congiura de’ pazzi
pietá del figlio tuo? Solo tu il lasci

incontro a morte andarne, e tu sei padre?
Se tu il puoi, l’abbandona; ma i miei pass
non rattener; mi lascia, irne vogl’io...
Gugl. Fora il tuo andare intempestivo, e tardo.
Bianca Tardo? oimè! Dunque è ver, ch’ei tenta... Ah! narra...
O parla, o andar mi lascia... Ove corre egli?
A dubbia impresa, il so; ma udir non debbo
ciò che a sí viva parte di me spetta?
Ah! voi pur troppo di qual sangue io nasca,
piú di me il rimembrate. Ah! parla: io sono
fatta or del sangue vostro: i miei fratelli
non odio, è ver; ma solo amo Raimondo;
l’amo quant’oltre puossi; e per lui tremo,
che pria ch’a lor non tolga egli lo stato,
non tolgan essi a lui la vita.
Gugl.   Or, s’altro
non temi; e poiché pur tant’oltre sai;
men dubbia, or sappi, è dell’altrui, sua vita.
Bianca Oh ciel! di vita anco in periglio stanno
i fratelli?...
Gugl.   I tiranni ognor vi stanno.
Bianca Che ascolto? oimè!...
Gugl.   Ti par, che tor lo stato
altrui si possa, e non la vita?
Bianca   Il mio
consorte or dunque,... a tradimento,... i miei?...
Gugl. A tradimento, sí, versar lor sangue
dobbiam noi pria, che il nostro a tradimento
si bevan essi: e al duro passo, a forza,
essi ci han tratti. A te il marito e i figli
tolti eran, sí, tolti a momenti: ah! d’uopo
n’era pur prevenir lor crudi sdegni.
Io stesso, il vedi, a secondar la impresa,
oggi all’antico fianco il ferro io cingo
da tanti anni deposto.