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354 don garzia
non io mi sto per tanto. Alti perigli

spesso incontrar giá gli avi nostri; e tutto
gridami in cor, che a passeggera calma,
a fallace sereno io non mi affidi.
Domi i piú de’ nemici, o spersi, o spenti,
fero ne veggio or rimanermi un solo:
m’è di sangue congiunto, in vista amico;
mi segue ognora (ancor ch’io mai nol curi)
modesto ai detti, ossequíoso in atto:
ma, nell’intimo cor, di rabbia pieno,
di rei disegni...
Diego   Ed è?
Cosimo   L’empio Salviati. —
Benché congiunto, ei sí; bench’ei pur nasca
dal fratel di mia madre, egli è non meno
nemico a noi, che giá il suo padre il fosse.
Quel fero vecchio, (ricordarlo udiste)
che libertá fingea, perch’era troppo
da lui lontan, benché il bramasse, il seggio:
quei, che attentossi, il dí che al soglio assunto
io dal senato e in un dal popol era,
sconsigliarmi dal regno. I suoi molti anni,
e di mia madre il pianto, a lui perdono
di sua stolta baldanza ottener poscia:
ma non cosí questo impugnato scettro
perdonava egli a me. Che pur potea
un vecchio imbelle? udia di morte i messi,
e giá presso alla tomba, il velen rio
che invano in core ei racchiudea, nel core
tutto versò dell’empio figlio. Or, certo
io son, che figlio di sprezzato padre,
feroce ei m’odia; e, quel ch’è peggio, ei tace:
quindi è d’uopo ch’io vegli. Era a sue mire
ostacol forse la mia madre in vita;
or che cessò, piú da indugiar non parmi:
tutte occupar densi a costui le vie,