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364 don garzia
quant’io l’abborro? I miei nemici adunque

suoi nemici non sono?
Eleon.   Ogni uom non conti
fra’ tuoi sudditi quí? Se questo, o quello,
spegner ti piace, or nol fai tu? Delitto
lieve è d’un figlio, il supplicare il padre
d’esser men crudo. È ver, Diego, né Piero,
te sconsigliar non ardirian dal sangue:
Garzía l’osò: ch’altro vuol dir, fuor ch’egli
benigno è piú, né l’altrui sangue anela?
Cosimo Troppo piú che non lice, omai ti acceca
questo soverchio, e mal locato, affetto.
Idol Garzía ti festi; e, oltr’esso, nulla
tu non ami, né vedi. In lui virtude
osi nomar, ciò che delitto io nomo?
Lite questa non è fra noi novella:
ma ogni dí piú mi spiace. A me non poco
opra grata farai, se in cor ben dentro
sí parzíale ingiusto amor rinserri.
Eleon. Ingiusto amore? ah! se pur v’ha chi tale
provar mel possa, io cangerommi. All’opre
finor mi attenni, e non de’ figli ai detti.
Cosimo Tant’è; se il vuoi malgrado mio, te l’abbi
caro per te; pur ch’io piú mai non l’oda
scusar da te. Prima virtude, e sola,
in mia reggia, è il piacermi: in lui non veggio
tal virtute finora: a te si aspetta
l’insegnargliela; a te;... se davver l’ami.
Eleon. E a’ cenni tuoi non inchinò pur sempre
Garzía la fronte?
Cosimo   E l’obbedirmi è vanto?
E ciò, basta egli? e di nol far, chi ardito
sarebbe omai? — Parlar, com’io favello,
non pur si de’; ma, com’io penso, dessi
pensar: chi a me natura non ha pari,
la dee cangiar; non simular, cangiarla.