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atto quinto | 115 |
disgiungeteli tosto.
Agide In noi por mano
qual di voi, qual, si attenterebbe? — Il vedi,
re Leonida, il vedi? anco i tuoi stessi
compri soldati, instupiditi stanno
d’Agide a fronte immobili. — Ma, voglio
trarti tosto d’angoscia. A te sol’una
cosa richieggo.
Leon. E fia?
Agide Che intento vegli
su la tua figlia, affin che me non segua.
Leon. T’ama ella tanto?
Agide Piú che non mi abborri. —
Ma te pur ama, e ten dié prova; e in somma,
tu sei pur padre: i detti ultimi miei
fur questi.1 — Io moro. — Pur... che... a Sparta giovi.
Anfar. Un ferro egli ha?
Agesis. Due ne recai.2 — Ti seguo,...
o figlio;... e morta... sul tuo... corpo... io cado.
Leon. Di maraviglia, e di terror son pieno...
Che dirá Sparta?...
Anfar. I corpi lor si denno
alla plebe sottrarre...
Leon. Ah! mai sottrarli,
mai non potrem, dagli occhi nostri, noi.