Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/13

Da Wikisource.

atto primo 7
ma il temer solo è morte vera al prode.

Or, piú non temo io, no: sta in gran periglio
col suo popolo il re: fia David quegli,
che in securtade stia frattanto in selve?
Ch’io prenda cura del mio viver, mentre
sopra voi sta degli infedeli il brando?
A morir vengo; ma fra l’armi, in campo,
per la patria, da forte; e per l’ingrato
stesso Saúl, che la mia morte or grida.
Gion. Oh di David virtú! D’Iddio lo eletto
tu certo sei. Dio, che t’inspira al core
sí sovrumani sensi, al venir scorta
dietti un angiol del cielo. — Eppur, deh! come
or presentarti al re? Fra le nemiche
squadre ei ti crede, o il finge; ei ti dá taccia
di traditor ribelle.
David   Ah! ch’ei pur troppo,
a ricovrar de’ suoi nemici in seno
ei mi sforzava. Ma, se impugnan essi
contro lui l’armi, ecco per lui le impugno,
finché sian vinti. Il guiderdon mio prisco
men renda ei poscia; odio novello, e morte.
Gion. Misero padre! ha chi l’inganna. Il vile
perfid’Abner, gli sta, mentito amico,
intorno sempre. Il rio demon, che fero
gl’invasa il cor, brevi di tregua istanti
lascia a Saulle almen; ma d’Abner l’arte
nol lascia mai. Solo ei l’udito, ei solo,
l’amato egli è: lusingator maligno,
ogni virtú che la sua poca eccede,
ei glie la pinge e mal sicura, e incerta.
Invan tua sposa ed io, col padre...
David   Oh sposa!
Oh dolce nome! ov’è Micol mia fida?
M’ama ella ancor, mal grado il padre crudo?...
Gion. Oh! s’ella t’ama?... È in campo anch’essa...