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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/149

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atto quarto 143



SCENA TERZA

Sofonisba, Massinissa.

Sofon. Io non credei piú rivederti; e in vero

piú nol dovea: ma il volle (il crederesti?)
Siface istesso...
Massin.   E fu pietade, o scherno?
Sofon. Grandezza ell’era; e, a ridestare in noi
ogni alto senso, è troppa. Ei stesso teco
vuolsi abboccar: ma ch’io il preceda impone;
e che...
Massin.   Tal vista io sostener?...
Sofon.   Men grande
sei tu di lui? Teme ei la tua?
Massin.   Né posso
dirti pria...?
Sofon.   Che dirai, che udire io ’l possa?
Massin. Nuovo martíre invan mi dai: vo’ dirti,
ch’io quí ti trassi, e che sottrarten voglio,
ad ogni costo, io stesso.
Sofon.   A te mi diedi
io stessa, il sai; da te mi tolgo io stessa.
Funesto a me il comanda alto dovere:
ma, da ogni mal sottrarmi, in me son certa,
seguitando Siface. Ad esser forte,
dunque apprendi or da me. Di Roma è il campo
questo: Scipion vi sta; tu, re, vi stai:
ed io vi sto, d’Asdrúbal figlia: or dimmi;
vuoi forse tu che amor volgar sia il nostro?
Massin. Ah! di ben altra fiamma arde il mio core,
che non il tuo... Grandezza e gloria e fama,
tutto in te sola io pongo... Esser dei mia;
pera il mio regno; intero pera il mondo;...
tu mia sarai. Perigli omai, né danni,