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178 bruto primo
ogni piú oscuro cittadino; astretti

a dispregiar, piú ch’ogni reo, noi stessi;
che piú? sforzati, oltre il comune incarco
di servitú gravissimo, a tor parte
della infamia tirannica; ci femmo
minori assai noi della plebe; e il fummo:
né innocente parere al popol debbe
alcun di noi, tranne gli uccisi tanti
dalla regia empia scure. Altro non resta
oggi a noi dunque, che alla nobil plebe
riunir fidi il voler nostro intero;
né omai tentar di soverchiarla in altro,
che nell’odio dei re. Sublime, eterna
base di Roma, fia quest’odio sacro.
Noi dunque, noi, per gl’infernali Numi,
sul sangue nostro e quel dei figli nostri,
tutti il giuriam ferocemente, a un grido.
Popolo Oh grandi! Oh forti! Oh degni voi soltanto
di soverchiarci omai! La nobil gara
accettiam di virtú. Non che gl’iniqui
espulsi re, (da lor viltá giá vinti)
qual popol, quale, imprenderia far fronte
a noi Romani e cittadini a prova?
Bruto Divina gara! sovrumani accenti!...
Contento io moro: io, qual Romano il debbe,
ho parlato una volta; ed ho con questi
orecchi miei pure una volta udito
Romani sensi. — Or, poiché Roma in noi
per la difesa sua tutta si affida
fuor delle mura esco a momenti io pure;
e a voi giorno per giorno darem conto
d’ogni nostr’opra, o il mio collega, od io;
finché, deposte l’armi, in piena pace
darete voi stabil governo a Roma.
Popolo Romper, disfar, spegner del tutto in pria
tiranni fa d’uopo.