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atto quinto | 211 |
il popol re. Che piú s’indugia? —
Silenzio universale.
piange il collega mio?... tace il senato?...
Il popol tace? —
Popolo Oh fatal punto!... Eppure,
e necessaria è la lor morte, e giusta.
Tito Sol, fra noi tutti, uno innocente or muore:
ed è questi.
Popolo Oh pietá! Del fratel suo,
mirate, ei parla.
Tiberio Ah! nol crediate: o entrambi
siam del pari innocenti, o rei del pari:
scritto è nel foglio, appo il suo nome, il mio.
Bruto Niun degli inscritti in quel funesto foglio,
innocente può dirsi. Alcun può, forse,
in suo pensiero esser men reo; ma è noto
soltanto ai Numi il pensier nostro; e fora
arbitrario giudizio, e ingiusto quindi,
lo assolver rei, come il saria il dannarli,
su l’intenzion dell’opre. Iniquo e falso
giudizio fora; e quale a re si aspetta:
non qual da un giusto popolo si vuole.
Popol, che solo alle tremende e sante
leggi soggiace, al giudicar, non d’altro
mai si preval, che della ignuda legge.
Coll. ... Romani, è ver, fra i congiurati stanno
questi infelici giovani; ma furo
dal traditor Mamilio raggirati,
delusi, avviluppati, e in error grave
indotti. Ei lor fea credere, che il tutto
dei Tarquinj era in preda: i loro nomi
quindi aggiunsero anch’essi, (il credereste?)