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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/230

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224 mirra
mi fai tu pur, misera madre!... Io volo;

deh! non tardare; or, quanto indugi meno,
piú ben farai...
Cecri   Se l’indugiar mi costi,
pensar tu il puoi: ma in tanto insolit’ora,
né appellarla vogl’io, né a lei venirne,
né turbata mostrarmele. Non vuolsi
in essa incuter né timor, né doglia:
tanto è pieghevol, timida, e modesta,
che nessun mezzo è mai benigno troppo,
con quella nobil indole. Su, vanne;
e posa in me, come in te sola io poso.


SCENA SECONDA

Cecri.

Ma, che mai fia? giá l’anno or volge quasi,

ch’io con lei mi consumo; e neppur traccia
della cagion del suo dolor ritrovo! —
Di nostra sorte i Numi invidi forse,
torre or ci von sí rara figlia, a entrambi
i genitor solo conforto e speme?
Era pur meglio il non darcela, o Numi.
Venere, o tu, sublime Dea di questa
a te devota isola sacra, a sdegno
la sua troppa beltá forse ti muove?
Forse quindi al par d’essa in fero stato
me pur riduci? Ah! la mia troppa e stolta
di madre amante baldanzosa gioja,
tu vuoi ch’io sconti in lagrime di sangue...