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atto quarto 255
Coro   «O d’Imenéo e d’Amor madre sublime,

«o tra le Dive Diva,
«alla cui possa nulla possa è viva;
«Venere, deh! fausta agli sposi arridi
«dalle olimpiche cime,
«se sacri mai ti fur di Cipro i lidi.
Fanc.   «Tutta è tuo don questa beltá sovrana,
«onde Mirra è vestita, e non altera;
Donz. «lasciarci in terra la tua immagin vera
«piacciati, deh! col farla allegra e sana,
Vecchi «e madre in breve di sí nobil prole,
«che il padre, e gli avi, e i regni lor, console. —
Coro   «Alma Dea, per l’azzurre aure del cielo,
«coi be’ nitidi cigni al carro aurato,
«raggiante scendi; abbi i duo figli a lato;
«e del bel roseo velo
«gli sposi all’ara tua prostráti ammanta;
«e in due corpi una sola alma traspianta».
Cecri Figlia, deh! sí; della possente nostra
Diva, tu sempre umíl... Ma che? ti cangi
tutta d’aspetto?... Oimè! vacilli? e appena
su i piè tremanti?...
Mirra   Ah! per pietá, coi detti
non cimentar la mia costanza, o madre:
del sembiante non so;... ma il cor, la mente,
salda stommi, immutabile.
Euric.   Per essa
morir mi sento.
Pereo   Oimè! vieppiú turbarsi
la veggo in volto?... Oh qual tremor mi assale! —
Coro   «La pura Fe, l’eterna alma Concordia,
«abbian lor templo degli sposi in petto;
«e indarno sempre la infernale Aletto,
«con le orribil suore,
«assalto muova di sue negre tede
«al forte intatto core