Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/321

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atto quarto 315
dove pur padre e cittadino ei sia.

E digli in fin, ch’ardo in mio core al paro
di far riviver per noi tutti Roma,
come di far rivivere per essa
Cesare...
Anton.   Intendo. — A lui dirò quant’io,
(pur troppo invan!) gran tempo è giá, gli dissi.
Bruto Maligno messo, ed infedel, ti estimo,
infra Cesare e Bruto: ma, s’ei pure
a ciò te scelse, a te risposta io diedi.
Anton. Se a me credesse, e all’utile di Roma,
Cesare omai, messo ei non altro a Bruto
dovria mandar, che coi littor le scuri.


SCENA QUARTA

Bruto, Cassio, Cimbro.

Cimbro Udiste?...

Cassio   Oh Bruto!... il Dio tu sei di Roma.
Cimbro Questo arrogante iniquo schiavo, anch’egli
punir si debbe...
Bruto   Ei di nostr’ira, parmi,
degno non fora. — Amici, ultima prova
domane io fo: se vana ell’è, promisi
io di dar cenno, e di aspettarlo voi:
v’affiderete in me?
Cassio   Tu a noi sei tutto. —
Usciam di quí: tempo è d’andarne ai pochi
che noi scegliemmo; e che a morir per Roma
doman con noi si apprestano.
Bruto   Si vada.