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318 bruto secondo
Cesare, appieno il tacer di noi tutti? —

Ma, udirla vuoi? — Quei che adunar quí vedi,
il terror gli adunò; quei che non vedi,
gli ha dispersi il terrore.
Cesare   A me novelli
non son di Bruto i temerarj accenti;
come a te non è nuova la clemenza
generosa di Cesare. — Ma invano;
che ad altercar quí non venn’io...
Bruto   Né invano
ad offenderti noi. — Mal si avvisaro,
certo, quei padri, che in sí lieto giorno
dal senato spariro: e mal fan quelli,
che in senato or stan muti. — Io, conscio appieno
degli alti sensi che a spiegar si appresta
Cesare a noi, mal rattener di gioja
gl’impeti posso; e disgombrar mi giova
il falso altrui terrore. — Ah! no, non nutre
contro alla patria omai niun reo disegno
Cesare in petto; ah! no: la generosa
clemenza sua, che a Bruto oggi ei rinfaccia,
e che adoprar mai piú non dee per Bruto,
tutta or giá l’ha rivolta egli all’afflitta
Roma tremante. Oggi, vel giuro, un nuovo
maggior trionfo a’ suoi trionfi tanti
Cesare aggiunge; ei vincitor ne viene
quí di se stesso, e della invidia altrui.
Vel giuro io, sí, nobili padri; a questo
suo trionfo sublime oggi vi aduna
Cesare: ei vuole ai cittadini suoi
rifarsi pari; e il vuol spontaneo: e quindi,
infra gli uomini tutti al mondo stati,
mai non ebbe, né avrá. Cesare il pari.
Cesare Troncar potrei, Bruto, il tuo dir...
Bruto   Né paja
temeraria arroganza a voi la mia;
pretore appena, osare io pure i detti