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PARERE DELL’AUTORE
SU LE PRESENTI TRAGEDIE
Orazio, Poetica, verso 451. |
Essendomi io immutabilmente proposto di non rispondere d’ora in poi mai piú a qualunque cosa potesse venire scritta su queste tragedie, ho creduto perciò cosa degna d’un uomo che ami veramente l’arte ed il vero, l’esaminar brevemente ciascheduna di esse, e con quell’occhio d’imparzialitá giudicarle, che non è forse impossibile del tutto ad assumersi da chi dopo aver fatto quanto ha saputo e potuto, ha nondimeno in se stesso un intimo senso che gli dice, che si potrebbe pur fare assai meglio. Ma, siccome molti difetti nelle arti stanno nel soggetto che s’imprende a trattare; e molti altri piú, nel carattere, ingegno, maniera, e natura di chi lo tratta; di queste due specie di difetti non correggibili mi propongo io di principalmente e quasi esclusivamente parlare, perché possono essere i soli scusabili. Che se di altro genere ve ne avessi lasciati vedendoveli, potendosi quegli emendare, di essi non occorreva parlare, ma torre si voleano.
Sarò breve, quanto piú il potrò; verace, quanto il comporterá il mio giudicio, che non è al certo infallibile; severo, quanto il potrebbe essere un mio illuminato e ragionevole nemico. Né pretendo io giá, con questo mio giudicio, di antivenire, o allacciare, o dirigere, o scansare l’altrui: ma, siccome sopra una cosa fatta ciascuno ha il parer suo, e dee poter dirlo; il mio su queste tragedie, per quattordici anni continui passate e ripassate sotto i miei occhi, non che a sangue freddo, ma congelato dalla noja