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376 parere dell’autore

maggiore di quello (per esempio) di Sofonisba, di quanto le passioni che muovono questi eroi sono infinitamente piú alte e piú importanti che le passioni di quelli. Siface e Sofonisba son mossi dalla vendetta e dall’odio contra Roma; Massinissa dall’amore; Scipione dalla privata amistá: ma in questa tragedia, Cesare è mosso dalla sfrenata voglia di regnare, e piú ancora da un immoderato amore di gloria, benché fallace; Bruto, e gli altri congiurati tutti, gradatamente son mossi dalla divina passione di libertá; la cosa combattuta fra loro è Roma, cioè il mondo conosciuto d’allora; i nomi dei combattitori son tali, che nessuna storia maggiori gli dá; l’effetto che risulta da questa azione si è l’annichilamento della piú vasta repubblica che mai vi sia stata, e l’innalzamento della piú feroce e durabil tirannide che gli uomini mai sopportassero. Nessuna sublimitá di soggetto e di personaggi può dunque contrastare con questa. Ed ancorché un Bruto, e Roma, e la libertá, siano il soggetto del Bruto primo, quello dee pur cedere nella sola sublimitá al soggetto del Bruto secondo, perché questa Roma di Cesare di tanto superava (se non in virtú) in sublimitá e in grandezza, quella Roma dei Tarquinj  Quindi in mezzo ai difetti che ha questo soggetto in se stesso, egli appresta pure al poeta un vastissimo campo alla grandezza ideale dei caratteri, senza rischio di sentirsi addosso quelle fredde parole: Non è verisimile: perché, per quanto grandiosi siano e giganteschi questi eroi, ove però non escano dal possibile in natura, li può sempre un autore giustificare, col dire: è Cesare, è Cicerone, è Cassio, ed è Bruto.

Il Cesare di questa tragedia non è interamente qual era il Cesare di Roma, ma quale egli dovea e potea benissimo essere, attese le circostanze e i doni suoi di natura; e quale forse a molti poté egli parere, senza esser tale.

Cosí questo Bruto, mi pare affatto inventato e creato dall’autore, ma sopra una gran base di vero. Onde io reputo, che l’autore in costui abbia forse riuscito a formare un verisimile colossale.

Cassio, è il primo dei congiurati, ma non esce però dalla comune classe dei congiuratori. E Cassio doveva pur cedere in grandezza al protagonista Bruto, che in questa tragedia mi pare un ente possibile fra l’uomo e il Dio. Né credo, che bisognasse crear quell’eroe in nulla tragicamente minore di quel ch’ei lo sia; poiché in Bruto si dovea dar degna tomba alla grandezza tutta di Roma.

Cimbro, si è voluto che in parte rappresentasse l’animo e le virtú di Catone in questo fatto, nel quale certamente l’ombra sua